Che cosa si intende per chirurgia mininvasiva dell’anca, quali sono le tecniche utilizzate e quali i vantaggi: ne parliamo con il dottor Marco Collarile. 

Dottor Collarile, che cos’è la chirurgia mininvasiva e quali sono le tecniche mininvasive utilizzate nell’ambito della chirurgia dell’anca?

Con il termine chirurgia mininvasiva si intende principalmente il rispetto dei tessuti del paziente, in particolar modo dei tessuti tendinei e muscolari. 

Le tecniche mininvasive utilizzate nell’ambito della chirurgia dell’anca sono l’artroscopia e, per la chirurgia protesica, la via d’accesso anteriore.

Ci parli dell’artroscopia: in quali casi viene usata?

L’artroscopia all’anca è una procedura mininvasiva che viene eseguita attraverso tre accessi di dimensioni ridotte (meno di mezzo centimetro) e strumenti dedicati, sotto la guida di un apparecchio radiografico esterno e di una telecamera, collegata a un monitor, che viene introdotta nell’articolazione.

L’approccio artroscopico viene utilizzato soprattutto per la risoluzione del conflitto femoro-acetabolare (femoroacetabular impingement, o FAI) negli sportivi e nei giovani. Questa condizione è caratterizzata da un contatto anomalo tra il femore e l’acetabolo per la presenza di deformità a livello del collo del femore (deformità tipo cam) e/o sul versante acetabolare (pincer). Nell’anca di un giovane che pratica attività sportive caratterizzate da accelerazioni, torsioni, salti ecc. queste deformità vanno a confliggere, spesso provocando lesioni a carico del labbro acetabolare, una struttura fibro-cartilaginea (simile al menisco del ginocchio) che riveste l’acetabolo e gioca un ruolo importante per la normale funzionalità dell’articolazione. 

La procedura operativa prevede l’asportazione delle deformità ossee a carico del collo del femore e/o dell’acetabolo (cam e/o pincer) tramite delle frese motorizzate ad alta velocità; nei casi in cui il labbro acetabolare sia rotto, si procede contestualmente alla sutura del labbro attraverso dei sistemi con fili ad alta resistenza che vengono posizionati con strumentari dedicati e che nel tempo saranno riassorbiti.

La durata media dell’intervento è di un’ora e mezza e, in assenza di complicanze, le dimissioni avvengono il giorno seguente. Per ridurre il carico sull’articolazione il paziente necessita dell’ausilio delle stampelle per un tempo che varia in relazione al tipo di attività chirurgica: 3-4 settimane se viene saturato il labbro acetabolare, 15 giorni se non è stata effettuata alcuna sutura. Dopo l’intervento è richiesto un percorso di riabilitazione postoperatoria che consente al paziente il raggiungimento dell’autonomia della vita quotidiana dopo un mese, un mese e mezzo e il ritorno alle attività sportive in 6-9 mesi.

In quali altre situazioni si ricorre all’artroscopia d’anca?

Benché il FAI rappresenti l’85%-90% delle patologie trattate con artroscopia dell’anca, questa tecnica può essere utilizzata per risolvere altri tipi di patologie come le sinoviti, per asportare corpi endoarticolari di varia natura, ma anche come mezzo di valutazione diagnostica e bioptica in quanto consente di effettuare prelievi di liquidi o di tessuti che vengono poi esaminati in laboratorio. 

L’artroscopia d’anca può essere infine utilizzata nell’ambito di procedure chirurgiche di rigenerazione cartilaginea.

In ogni caso, prima di un intervento chirurgico artroscopico è necessario avere un quadro radiografico dettagliato e una risonanza magnetica (RMN) dell’anca del paziente; per alcune patologie, quali ad esempio le lesioni del labbro acetabolare, viene effettuata anche la RNM con mezzo di contrasto (la cosiddetta Artro-RMN).

L’artroscopia dell’anca può essere utilizzata anche per risolvere alcune complicanze post-protesiche?

L’artroscopia d’anca può essere utilizzata anche per alcuni problemi post-protesici, per esempio di natura infettiva. Questa tecnica, infatti, ci consente di effettuare dei prelievi di liquido e delle biopsie di tessuti che vengono analizzati per verificare la presenza di un’eventuale infezione batterica periprotesica.

Ma c’è di più: l’artroscopia ci consente anche di risolvere il conflitto del tendine dell’ileopsoas con la componente acetabolare della protesi, una problematica che determina un dolore importante. Mediante l’artroscopia è possibile effettuare un release dell’ileopsoas e risolvere questa complicanza post-protesica senza dover ricorrere a un intervento di revisione.

A proposito di chirurgia protesica dell’anca, può spiegarci cos’è la via anteriore?

La via anteriore rappresenta senza dubbio la vera rivoluzione nella protesica d’anca negli ultimi 20-30 anni. Si tratta di una via d’accesso all’anca mininvasiva, con tempi di recupero molto più rapidi nel postoperatorio. 

È infatti l’unica via d’accesso internervosa e intermuscolare: questo significa che il chirurgo accede all’articolazione passando attraverso i tendini, i muscoli e gli apparati nervosi e vascolari, senza danneggiarli. 

La via d’accesso anteriore è ormai ampiamente utilizzata in molti casi, soprattutto nei primi impianti protesici; in fase di revisione chirurgica si preferisce invece utilizzare ancora la via posterolaterale che consente di avere un’esposizione maggiore del campo operatorio.

Cosa ne pensa della chirurgia robotica associata alla via anteriore, nella chirurgia protesica dell’anca?

La chirurgia robotica associata alla via anteriore, di cui ci avvaliamo in casi selezionati, consente di raggiungere risultati importanti in termini di risparmio osseo e di precisione di posizionamento dell’impianto protesico, oltre che di recupero immediato nel postoperatorio.

La precisione del posizionamento dell’impianto grazie all’ausilio della robotica permette di massimizzare la stabilità della protesi riducendo la possibilità di lussazioni postoperatorie. 

L’uso della robotica, inoltre, permette di prevedere e quindi evitare qualunque tipo di conflitto tra l’impianto protesico e l’apparato osseo e muscolare-legamentoso del paziente.

All’atto pratico, prima dell’intervento è indispensabile una valutazione TAC successivamente elaborata da un software; lo studio minuzioso del caso in fase di pianificazione preoperatoria consente di valutare nel dettaglio la morfologia ossea del paziente ed eventuali conflitti o deficit ossei, al fine di impiantare una protesi cucita su misura per quell’anca e per quello specifico paziente.

Per concludere, ci può riassumere i vantaggi della chirurgia mininvasiva dell’anca?

I vantaggi delle procedure chirurgiche mininvasive dell’anca sono numerosi: 

  • tempi di recupero più brevi 
  • minori perdite ematiche (minor ricorso alle trasfusioni)
  • durata della degenza più breve 
  • meno dolore postoperatorio 

La via anteriore inoltre garantisce una netta riduzione della percentuale di lussazioni postoperatorie.

L’applicazione della robotica alla via anteriore consente infine la personalizzazione dell’impianto protesico, garantendo un livello di precisione e di soddisfazione per il paziente che non ha uguali con altre tecniche.